Fondo unico dello spettacolo

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Le forti radici della nostra organizzazione, che per decenni si sono prima appoggiate sul comparto dell’agricoltura e dell’edilizia e poi sul comparto dell’industria hanno creato negli anni un gruppo dirigente che, certamente, non ha messo mai in agenda i temi della cultura e dello spettacolo.

E’ con il passare degli anni, man mano che quel gruppo dirigente veniva sostituito da dirigenti provenienti dal comparto della pubblica amministrazione, della scuola, dei servizi è stata aperta una breccia su quei temi quali la scuola, la ricerca, la conoscenza, la sanità ed infine i beni culturali e lo spettacolo.

Di contro però, mentre come dicevo, il sindacato tenta di recuperare un dibattito che è mancato per tanti anni, la politica e le istituzioni sono lontani anni luce dal dare al settore della produzione culturale quelle risposte adeguate. Il comparto dello spettacolo è fatto di tanti, tantissimi musicisti, attori, danzatori, registi, coreografi, coristi, cantanti lirici, cantanti di
diverso genere, di tecnici altamente qualificati, di amministrativi, di tanti luoghi dove si esprime la cultura spettacolare quali i teatri, le arene, i capannoni, le cantine, gli stadi, la strada.

Insomma un movimento enorme che ha quale risposta dallo Stato attraverso il Fondo Unico dello Spettacolo per una cifra attorno ai 400 milioni che rappresentano una percentuale sotto l’1% del Pil a differenza di altri paesi europei che si attestano attorno al 2% Anche le regioni e gli enti locali hanno un rapporto con questo settore molto residuale.

Davanti ai tagli della spesa rivenienti dalla situazione di crisi il primo settore ad essere colpito e quello dello spettacolo. Per non parlare di una totale assenza di una legislazione tesa a creare una defiscalizzazione per quei privati che intervengono nel settore. Per cui non esistendo questa legislazione di supporto tutto grava sulle risorse pubbliche.

Credo che il sindacato nella sua confederalità deve sfidare il potere politico ed istituzionale per creare nuove condizioni in questo comparto dove dilaga lo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori con l’impero del lavoro nero senza regole.

La slc di Puglia e di Bari ha costruito nel corso degli anni piattaforme e analisi che sono un patrimonio dell’organizzazione che deve essere valorizzato perchè frutto del lavoro di compagne e compagni che hanno creduto e credono nel ruolo del sindacato.

Vorrei citarli: Il compianto Franco Damascelli, Maria Giaquinto, Roberto Negri, Roberto Pertruzzelli, Antonella Genga, Nicola Pisani, Felice Mezzina, Mimmo Iannone, Giuseppe De Trizio, Ivan Dell’edera, Tonino Loprieno e tanti altri che hanno contribuito a far grande prima la filis e poi la slc.

Bisogna rimprendere il condronto serrato con la Regione. Non è possibile che sui problemi riguardante la legge 6, l’osservatorio dello spettacolo, il consorzio del teatro pubblico pugliese, puglia sounds, apulia film commission siano temi e situazioni a gestione unilaterale dell’assessorato alla cultura della Regione Puglia come unilaterale è la gestione delle politiche culturali del comune di Bari per non parlare della provincia di Bari che per quel poco di risorse che ha sui temi dello spettacolo al netto della Ico.

Insomma, bisogna democratizzare le scelte, l’utilizzo delle risorse pubbliche attraverso una permanente conferenza di produzione tra i soggetti sociali per dare a questo comparto una seria risposta ed un prospettiva. Bisogna ragionare su un percorso che faccia uscire dall’isolamento questo comparto per creare lacondizione di una alleanza progettuale prima ed una strutturazione di governo dopo dei soggetti che di fatto lavorano per divulgare la cultura nel nostro paese e cioè lo spettacolo, la scuola, i beni culturali. Questa dovrebbe essere la risposta per l’immediato domani.

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