Poste italiane, comunicato del 28 marzo 2014

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L’arroganza dell’utile idiota

A mio giudizio esiste un grave problema in Poste italiane. Un frutto-amaro maturato dalla crisi economica che investe il tessuto sociale italiano e che trascina come una delle conseguenze la mancanza di prospettive per il futuro delle giovani generazioni.

Il fenomeno, sconosciuto fino a pochi anni fa, si chiama lavoro part time. Migliaia di ragazzi e ragazze per la maggior parte figli di colleghi che, pur di donare un minimo di futuro ai propri ragazzi, hanno accettato di anticipare la loro uscita dall’Azienda senza alcun ammortizzatore e in cambio solo di un esiguo e irrisorio incentivo.  A ben vedere quattro soldi!

Diciamoci la verità. Questi ragazzi sono figli della disperazione, intesa come mancanza di speranza di un futuro migliore e diverso, e rappresentano i nuovi precari di Poste italiane. Un nobile impegno in cui vale la pena di cimentarsi e una frontiera da esplorare e conquistare per le nostre battaglie sindacali. Sono lavoratori di serie B con meno diritti, più facilmente ricattabili e condizionabili come tutte le persone che si trovano in uno stato di bisogno. E il loro bisogno è semplicemente quello di vedere trasformato il proprio rapporto di lavoro con l’azienda in lavoro a tempo pieno ( il termine full time edulcora di più il senso e come tutte le sonore e roboanti “inglesizzazioni” non mi piace ) per costruirsi una seria e duratura prospettiva di vita.

Un bisogno semplice, chiaro e legittimo. E’ in questo bisogno semplice e chiaro che molti cercano di sguazzarci con i propri interessi cercando di inquinarlo per lucrarne un personale e più o meno losco vantaggio.

Ci sguazza l’azienda con il suo interesse a pretendere una maggiore produttività e passività sindacale in cambio della promessa futura di una eventuale trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno. Ci sguazzano persino sedicenti sindacalisti con la richiesta dell’affiliazione in cambio di un eventuale interessamento per il medesimo fine di cui sopra. Tutti interessi assolutamente non condivisibili ma più o meno razionalmente comprensibili.

Desta invece preoccupazione e inquietudine la pretesa di qualche responsabile aziendale – che fuor di metafora e senza bisogno di parafrasi definirei “idiota arrogante” – che arriva al punto di far passare le valutazioni meritocratiche come elementi vincolanti e prodromiche per l’eventuale possibile trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno. Allora lì sfociamo in un altro campo. Siamo nel campo incontrollabile dell’idiozia pura che assurge a delirante dispotismo che va immediatamente censurato, denunciato e soffocato sul nascere.

Che già le valutazioni siano di per sé un attacco alla dignità del lavoro e fuori di ogni ragionevole dubbio in quanto l’unica valutazione riconosciuta e riconoscibile deve rimanere il sacrosanto salario e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Arrivare poi a forme di teorizzazione speculativa di stragismo della paura in soggetti deboli come i part time speculando nel loro bisogno con l’unico e chiaro fine di assicurarsi un ritorno personale in termini di servilismo ci sembra davvero esagerato, e come dicevamo inquietante e preoccupante. Perché in effetti l’unico fine di questi responsabili – sarebbe meglio definirli irresponsabili – inetti e incompetenti è quello di ridurre i malcapitati part time in servetti da far lavoratore di più e male con il ricatto e con la malcelata finalità di assicurarsi qualche prebenda come premio meritocratico per il raggiungimento degli obiettivi dell’ufficio diretto.
E’ semplicemente vergognoso e gli autori di siffatti vigliaccate dovrebbero avere il pudore almeno di vergognarsene. Si ergono a nuovi padroncini delle ferriere ma in realtà sono solo e semplicemente utili idioti.

Purtroppo nelle nuove forme di aggressione al lavoro stanno facendo capolino tutte queste inconsistenti iniziative unilaterali di condizionamento dove sembra di essere tornati tra i banchi di scuola più che in luoghi di lavoro. E questo è già un problema che il sindacato ha il dovere di affrontare. Che poi l’arroganza del potere possa raggiungere limiti di induzione verso forme di servilismo e nuovo schiavismo non è assolutamente tollerabile.

Invitiamo tutti i lavoratori a segnalarci episodi di capi, capetti nuovi capò che vogliono far passare le valutazioni meritocratiche come un’arma di condizionamento e di ricatto perché in gioco è un premio più grande.
E’ in gioco la dignità del lavoro con il vile tentativo di far passare nuove forme di malcelato schiavismo. Le vere battaglie, le più belle, le più entusiasmanti sono quelle combattute in nome della libertà. Qui è in gioco la libertà di ogni lavoratrice e lavoratore ad esprimere liberamente la propria personalità. E la CGIL come sempre è pronta ad affrontare questa battaglia in tutte le sedi.

La libertà non è una cosa che si possa dare; la libertà, uno se la prende, e ciascuno è libero quanto vuole esserlo. ( James Baldwin ).

Bari, 28 marzo 2014

Il Coordinatore Regionale SLC CGIL Poste

Vito Battista

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